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Austria, la privacy dell'UE e il caso Schrems contro Facebook in corso

Autore: Sharon Schmidt

Introduzione

Il 13 febbraio 2020 il tribunale regionale di Vienna per le questioni civili ha chiuso l'udienza nella causa per la protezione dei dati personali contro Facebook promossa dal gruppo europeo sulla privacy None of Your Business, che è stato co-fondato dall'attivista austriaco Max Schrems. Durante l'udienza, la direttrice europea della privacy di Facebook, Cecilia Alvarez, si è trovata di fronte a domande incentrate su questioni di controllo dei dati riguardanti la piattaforma di social media - in particolare, questioni relative a:

  • La capacità di Facebook di ottenere il consenso dei suoi utenti;
  • la sua conformità alle richieste di dati da parte di coloro che sono attivi sul sito di networking; e
  • la questione cruciale di cosa comporta il termine "cancellazione dei dati".

Alla domanda su quali dati vengono memorizzati, Alvarez ha ammesso di non essere a conoscenza di quali informazioni vengono conservate o addirittura della metodologia che Facebook impiegherebbe per farlo. Tuttavia, durante l'interrogatorio, è stato stabilito che le password cancellate continuano ad essere conservate per un minimo di otto anni e che la piattaforma ha accesso ai dati degli utenti dei partner anche in assenza del consenso. Mentre si prevede di emettere un verdetto a tempo debito, è probabile che venga presentato un ricorso presso la Corte regionale superiore di Vienna, che potrebbe eventualmente vedere la richiesta presentata alla Corte suprema austriaca o alla Corte di giustizia europea (CGCE).

La questione è preceduta da una lunga storia di audizioni in Austria, Irlanda e Lussemburgo. Questo articolo si concentra sui procedimenti che si sono svolti in Austria.

Procedimento austriaco

Mentre molte delle questioni relative a questo caso sono state prese in considerazione a livello dell'UE, il ruolo dei tribunali austriaci non è da trascurare. Il 24 gennaio 2015, la Corte di giustizia europea ha ritenuto che Schrems potesse presentare una richiesta di risarcimento ai sensi del diritto del consumo come individuo, ma non a nome dei firmatari europei in una class action. Tuttavia, è stata la determinazione essenziale della possibilità di far valere il diritto di un utente ai sensi del regolamento generale dell'UE sulla protezione dei dati personali (GDPR) dinanzi ai tribunali statali a diventare la questione determinante considerata dalla Corte suprema austriaca. Nella sua decisione dell'11 giugno 2019, il tribunale ha bloccato il tentativo di Facebook di sottrarsi a una causa sulla protezione fondamentale dei dati, prendendo così le distanze da una precedente sentenza della Corte superiore regionale di Vienna. La Corte suprema ha ulteriormente ribadito che il diritto nazionale non si applica se è in contrasto con il GDPR.

Nelle prossime settimane l'Austria sarà di nuovo al centro dell'attenzione degli operatori del diritto, degli studiosi e dei legislatori sia in patria che all'estero. Già nel 2019 la Corte di Giustizia Europea ha emesso una decisione - in una questione non correlata su una richiesta preliminare della Corte Suprema relativa all'interpretazione della Direttiva UE 2000/31/CE - che obbliga Facebook ad obbligare, con l'ordinanza del tribunale nazionale, a rimuovere i post diffamatori a livello globale. La sentenza è stata emessa dopo che Eva Glawischnig-Piesczek, un politico del Partito dei Verdi austriaco, ha presentato un ricorso contro Facebook presso la Corte Suprema, che ha ordinato alla rete di rimuovere il post a causa dei suoi contenuti illegali generati dagli utenti. Questa decisione non solo è servita come punto di riferimento per il campo di applicazione delle leggi europee nel disciplinare le transazioni online, ma ha anche dato agli Stati membri maggiori poteri per far rispettare le norme nazionali in materia di discorso dell'odio e di privacy.

Commento

Alla luce di questi sviluppi e del numero crescente di norme e regolamenti spesso in competizione tra loro, la decisione pendente del Tribunale regionale per le questioni civili di Vienna preannuncia ulteriori controversie sul ruolo dell'Europa nella definizione di nuovi standard per la regolamentazione dell'attività su Internet.